Sono venuto in Africa per conoscere “Casa Franco”, una casa-famiglia della Comunità Internazionale di Capodarco. Sono arrivato la mattina del 24 Gennaio a Yaoundè, ho passato la giornata con Fabio e una famiglia italiana, Michele e Antonella, venuta in Camerun per adottare due bambini; il giorno dopo Fabio mi ha accompagnato a Okola, un villaggio ad una trentina di kilometri da Yaoundè. Qui c’è la casa di accoglienza intitolata a Don Franco Monterubbianesi, fondatore della Comunità di Capodarco. Ci si arriva attraversando lo “Stadio”, un campo polveroso e spelacchiato dove si danno battaglia squadre di calcio locali, si scende per un viottolo scosceso e ci si trova davanti la casa. Ci sono ad aspettarci Honorine, ex suora che è stata in Italia per una ventina d’anni in varie case religiose del suo ordine, ed una ventina di bambini, ragazzi e ragazze che vivono nella casa-famiglia. L’accoglienza è molto calorosa per tonton Fabio (tonton è un titolo di rispetto) e per tonton Giancarlo; portiamo medicine donate dall’Italia, apriamo i cartoni, ci rendiamo conto di quello che hanno mandato. I bambini aiutano ad aprire i pacchi, si fanno fotografare, fanno gran confusione giocando. Honorine, che conosce la cucina italiana, ci ha preparato perfino la pasta al pomodoro, molto apprezzata da me e Fabio. Sistemo le mie cose e mi dedico subito ad osservare le abitudini della casa. Dopo aver giocato e fatto i compiti, i bambini si lavano e aiutano a preparare i tavoli per mangiare qualcosa. Quattro o cinque dei più grandi vanno in una parrocchia ad un paio di kilometri a prendere acqua potabile, pompata manualmente da un pozzo costruito in associazione da vari Enti. Questa è una operazione che viene ripetuta tutti giorni, e che consente di avere acqua da bere. La mattina i bambini si alzano molto presto, prima delle 5, e cominciano a pulire, lavare, spazzare camere, cucina, sala da pranzo, tutti gli ambienti di vita, insomma; alle 7 prendono una mezza tazza di caffè con un pezzo di pane e vanno a scuola, a piccoli gruppi, i più grandi aiutando sempre i più piccoli. La casa rimane silenziosa improvvisamente: in questo momento c’è anche una neonata in famiglia, Francesca Speranza Elettra, abbandonata dalla madre sul ciglio della strada, che è la più vezzeggiata di tutte. Un amore di bambina, molto vispa e intelligente, presa in braccio da tutti, ricoperta di attenzioni e di affetto. I bambini cominciano a tornare da scuola e alle 4 di pomeriggio si apparecchia per il pranzo: piatto unico di riso, a volte con fagioli, a volte con pesce. Si torna a giocare, a lavarsi, a preparasi per mangiare frugalmente quanto è avanzato, prima di andare a dormire. Honorine trasmette principi di educazione, rispetto, solidarietà, la vita è comunitaria, dignitosa, semplice, estremamente povera: nonostante ciò, i bambini sono allegri, si divertono con niente, sono riconoscenti, anche se a momenti affiorano cenni di competizione e gelosia. Il compito di Honorine è estremamente difficile, si occupa di tutti gli aspetti materiali, spirituali, sociali di una famiglia così composita, si occupa anche di medicina ricevendo persone nel piccolo ambulatorio con problemi di salute, e di vario altro genere! La casa è un vero centro di accoglienza ed assistenza, una primordiale comunità, un luogo dove i bambini si sentono a casa propria, con una sola grande mamma che dà loro oltre che da mangiare, dormire, vestirsi, tanto amore e un esempio di vita fraterna. Fabio si occupa della casa volontariamente, si preoccupa soprattutto di garantire un minimo economico per le esigenze quotidiane, tiene contatti per racimolare qualche contributo, è un punto di riferimento indispensabile.
venerdì 2 marzo 2012
NEWS: Sono venuto in Africa per conoscere Casa Franco
Sono venuto in Africa per conoscere “Casa Franco”, una casa-famiglia della Comunità Internazionale di Capodarco. Sono arrivato la mattina del 24 Gennaio a Yaoundè, ho passato la giornata con Fabio e una famiglia italiana, Michele e Antonella, venuta in Camerun per adottare due bambini; il giorno dopo Fabio mi ha accompagnato a Okola, un villaggio ad una trentina di kilometri da Yaoundè. Qui c’è la casa di accoglienza intitolata a Don Franco Monterubbianesi, fondatore della Comunità di Capodarco. Ci si arriva attraversando lo “Stadio”, un campo polveroso e spelacchiato dove si danno battaglia squadre di calcio locali, si scende per un viottolo scosceso e ci si trova davanti la casa. Ci sono ad aspettarci Honorine, ex suora che è stata in Italia per una ventina d’anni in varie case religiose del suo ordine, ed una ventina di bambini, ragazzi e ragazze che vivono nella casa-famiglia. L’accoglienza è molto calorosa per tonton Fabio (tonton è un titolo di rispetto) e per tonton Giancarlo; portiamo medicine donate dall’Italia, apriamo i cartoni, ci rendiamo conto di quello che hanno mandato. I bambini aiutano ad aprire i pacchi, si fanno fotografare, fanno gran confusione giocando. Honorine, che conosce la cucina italiana, ci ha preparato perfino la pasta al pomodoro, molto apprezzata da me e Fabio. Sistemo le mie cose e mi dedico subito ad osservare le abitudini della casa. Dopo aver giocato e fatto i compiti, i bambini si lavano e aiutano a preparare i tavoli per mangiare qualcosa. Quattro o cinque dei più grandi vanno in una parrocchia ad un paio di kilometri a prendere acqua potabile, pompata manualmente da un pozzo costruito in associazione da vari Enti. Questa è una operazione che viene ripetuta tutti giorni, e che consente di avere acqua da bere. La mattina i bambini si alzano molto presto, prima delle 5, e cominciano a pulire, lavare, spazzare camere, cucina, sala da pranzo, tutti gli ambienti di vita, insomma; alle 7 prendono una mezza tazza di caffè con un pezzo di pane e vanno a scuola, a piccoli gruppi, i più grandi aiutando sempre i più piccoli. La casa rimane silenziosa improvvisamente: in questo momento c’è anche una neonata in famiglia, Francesca Speranza Elettra, abbandonata dalla madre sul ciglio della strada, che è la più vezzeggiata di tutte. Un amore di bambina, molto vispa e intelligente, presa in braccio da tutti, ricoperta di attenzioni e di affetto. I bambini cominciano a tornare da scuola e alle 4 di pomeriggio si apparecchia per il pranzo: piatto unico di riso, a volte con fagioli, a volte con pesce. Si torna a giocare, a lavarsi, a preparasi per mangiare frugalmente quanto è avanzato, prima di andare a dormire. Honorine trasmette principi di educazione, rispetto, solidarietà, la vita è comunitaria, dignitosa, semplice, estremamente povera: nonostante ciò, i bambini sono allegri, si divertono con niente, sono riconoscenti, anche se a momenti affiorano cenni di competizione e gelosia. Il compito di Honorine è estremamente difficile, si occupa di tutti gli aspetti materiali, spirituali, sociali di una famiglia così composita, si occupa anche di medicina ricevendo persone nel piccolo ambulatorio con problemi di salute, e di vario altro genere! La casa è un vero centro di accoglienza ed assistenza, una primordiale comunità, un luogo dove i bambini si sentono a casa propria, con una sola grande mamma che dà loro oltre che da mangiare, dormire, vestirsi, tanto amore e un esempio di vita fraterna. Fabio si occupa della casa volontariamente, si preoccupa soprattutto di garantire un minimo economico per le esigenze quotidiane, tiene contatti per racimolare qualche contributo, è un punto di riferimento indispensabile.
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