giovedì 15 settembre 2011

Seconda raccolta FARMACI pro- CASA FAMIGLIA "Francò"- Camerun

 articolo scritto da Katia "Nel Sole" (facebook: http://www.facebook.com/#!/profile.php?id=1483375050)

Ciao amici, rieccoci dopo un anno di pausa, reclutati nuovamente quali "aiutanti di Babbo Natale"!!
Obiettivo della raccolta: FARMACI per la Casa Francò, la casa famiglia che accoglie 30 bambini da 0 a 16 anni in Cameroun ad Okolà (Yaoundè), dove come referente, a garantire l'esito finale della raccolta, abbiamo un nostro compaesano, pugliese D.O.C, Fabio Piccarreta.

lunedì 12 settembre 2011

Lettera ai genitori adottivi della casa famiglia

Okola 10/08/2011

Alle nostre care mamme e ai nostri cari papà.
Scriviamo questa lettera per ringraziarvi di tutto cuore per il vostro aiuto.


Cari genitori noi siamo felici per il bene che ci fate nella casa Franco di Okola. La nostra cara bella mamma ci educa bene con l'aiuto di Dio. Se noi viviamo ancora oggi é grazie a lei e al vostro aiuto. Veramente noi vi ringraziamo con tutto il nostro cuore per tutte le cose che voi avete già fatto per noi. Grazie per il vostro aiuto a questa casa. La nostra cara mamma (la preferé) é gentile con noi.


Cari genitori tutti i bambini della casa Franco vi ringraziamo per il vostro bene. 


Vi ringraziamo di cuore.

i bimbi di Casa Franco







domenica 11 settembre 2011

Pitture e sculture del Camerun per la Casa famiglia “Franco”

07/09/2011 - CAPODARCO DI FERMO – Gli artisti del Camerun si mobilitano per sostenere la Casa Famiglia Franco del villaggio di Okola. Le loro opere saranno vendute in Italia ed il ricavato sarà in parte destinato a sostenere la struttura della Comunità internazionale di Capodarco (Cica) che accoglie bambini abbandonati occupandosi del loro sostentamento e del loro inserimento nella società. La Cica è presente in Cameroun dal 1997anno in cui ha iniziato la sua collaborazione con la ong EMICAM associazione senza fine di lucro per lo sviluppo integrale dell’infanzia e dell’adolescenza in condizione di estremo disagio e la promozione della donna creata e diretta da Maria Patrizia Avodo. Questa prima iniziativa ha portato alla realizzazione della prima casa-famiglia realizzata a Yaoundè e poi nel corso degli anni a tutta una serie d’interventi in campo sanitario, formativo, allo sviluppo di piccole attività produttive, empowerment femminile, ecc… Il 3 Ottobre 2010, la scomparsa di Maria Patricia Avodo ha lasciato un vuoto profondo dal punto di vista emotivo ed umano ed anche un retaggio di responsabilità ed impegni da onorare e da portare avanti anche senza la sua presenza ed il suo prezioso apporto ( Vai alla notizia>>). La preoccupazione maggiore va proprio alla Casa Famiglia Franco (così chiamata in onore di don Franco Monterubbianesi, fondatore della Comunità di capodarco). La struttura necessità di un sostegno economico visto che non può contare su alcun aiuto da parte dello stato camerunese. Nel dicembre del 2010 è già partito il progetto “Mercì Madame” per il sostegno a distanza dei circa 30 bambini e adolescenti accolti ( Vai alla notizia>>) In questo senso va anche questa nuova iniziativa.

“Con la Cica abbiamo cominciato il 15 novembre 2010 l’esperienza della casa famiglia ‘Franco’ nel villaggio di Okola accogliendo i più deboli, ancora una volta i bambini provenienti da famiglie sieropositive o bambini divenuti orfani. – racconta il responsabile della Comunità internazionale per il Cameroun, Fabio Piccarreta - La casa famiglia sorge precisamente nella regione della Leki. dove alcuni bimbi, giovani ma anche adulti, si trovavano in uno stato d’abbandono totale. Soprattutto a causa della stregoneria, oppure di malattie come l’Aids, oppure di gelosie tra clan familiari, o per situazioni di violenza sulle donne da parte degli uomini. Un certo numero di persone non ha la possibilità di un posto in cui rifugiarsi per cercare protezione, oppure semplicemente di trovare un aiuto temporaneo o la possibilità di un riscatto sociale”. E’ a queste persone che si rivolge la Comunità che la Cica sta creando nel piccolo villaggio di Okola..
“Ma le spese sono molte – continua Piccarreta -. Accogliere persone nella casa famiglia significa dare loro del cibo, sostenere le cure mediche utilizzando gli ospedali locali, occuparsi della formazione scolastica e professionale ecc. ecc. In questa situazione già difficile, la casa famiglia attualmente è in una struttura di cui paghiamo mensilmente un fitto, anche per il terreno circostante. Vogliamo comprare uno spazio nostro, un terreno in cui costruire una casa come luogo protetto e di aiuto per bimbi e persone in difficoltà”.

Il ricavato della vendita delle opere degli artisti camerunesi permetterà di sostenere una parte dell’acquisto del terreno. Allo stesso tempo parte del ricavato sarà destinato agli stessi artisti, secondo il principio del reciproco aiuto, cioè del “povero che aiuta il povero”. “Anche nella casa cerchiamo di applicare lo stesso principio – continua Piccarreta. - Quindi i bimbi più grandi si occupano di quelli più piccoli, gli adulti che vengono a rifugiarsi da noi si occupano della gestione quotidiana della casa”.
Potete vedere le opere in vendita cliccando qui. A lato di ogni opera è indicata la donazione minima da effettuare per l’acquisto. Ogni lavoro è un pezzo unico dell’artista e pertanto lo si considera devoluto solo dopo la ricezione della donazione. L’oggetto sarà inviato con spedizione postale e le spese saranno a carico del richiedente.
Per ordinare le opere o per informazioni scrivete a pro.jeremie@yahoo.it


Storia di Marilise Alebeor

Mari Lise era una ragazza giovane che viveva nel piccolo villaggio di Ngoulmekong, ma la sua é stata una vita che si é interrotta a tredici anni. Suo padre l’aveva abbandonata quando era ancora molto piccola e sua madre si é sempre occupata di lei. La migliore qualità di Mari Lise era la disponibilità verso tutti gli abitanti del villaggio. Questo la faceva amare da tutti e gli ha permesso di avere una vita semplice e senza problemi rispetto a tanti altri giovani come lei. Anche a scuola era molto intelligente e brillante.
Mari Lise aiutava molto sua madre nei lavori di casa. Ma un giorno, mentre la madre era uscita, Mari Lise vide suo padre entrare in casa e, obbligata, part  velocemente con lui. Mari Lise aveva già dieci anni.
Dopo varie ricerche della madre, l'autore di questo rapimento fu scoperto. La rabbia fu grande ma nonostante tutto l’accordo sulla custodia della figlia fu trovato. “Sono d’accordo!” rispose la madre, accettando che la figlia ritorni a vivere con quel padre assente, soprattutto per recuperare quel sentimento perduto e quel rapporto che é venuto a mancare. Per lei, invece, resteranno solo i fine settimana.
Ma un anno più tardi Mari Lise si ammala gravemente a causa della malaria. Suo padre, che di professione fa il macellaio, riesce con non poche difficoltà a recuperare i soldi e guarirla. Ma Mari Lise, sfuggita alla malaria, non riuscirà invece a sopportare le continue e violente controversie tra il padre che ora vuole tutto per lui e sua madre. La tensione porterà la piccola ad ammalarsi fino al coma. Il padre non avverte nessuno, anche questa volta può occuparsi di lei e guarirla. Ma dopo qualche giorno Mari Lise muore.
Una mattina la gente del villaggio vede, con gran sorpresa, un auto parcheggiare vicino le case della famiglia materna. E’ il padre di Mari Lise! Piangendo e con le braccia tese, mostra il corpo della piccola avvolto in un lenzuolo bianco .
“E’ morta Mari Lise l'angioletto; é morta Mari Lise che aiutava tutto il villaggio” la gente commentava accompagnando con lacrime il corpo.

Michele parla della sua esperienza ad Akonolinga

Dal 5 al 7 giugno 2010 ho avuto il piacere di accogliere Michele Garramone in visita al progetto "Jeremie et les autres" . Michele é un giovane ragazzo che sta conducendo una formazione presso l'Ambasciata d'Italia in Camerun. Dopo aver visitato alcune delle realtà apportate dal nostro progetto nel territorio di Akonolinga e nei villaggi circostanti, mi lascia una serie di riflessioni...


"Ritrovarmi un sabato mattina"


Mi sono ritrovato da sabato mattina in un posto africano, uno di quei paeselli a non troppi chilometri dalla città, sospeso tra terra rossa, sole asfissiante e piogge dirompenti.
Pensavo "finirò per conoscere qualcuno, per vedere qualcosa che considererò viva soltanto dopo averne assaggiata la voracità". E poi trasportato dai colori di un uomo bianco che vive tra uomini neri, tra mancanza di elettricità ed acqua, ufficio e bambini orfani, malattie mortali, sorrisi e danze interminabili, sono andato incontro alla paura dell’avventura, cercandola ed evitandola, coinvolto in altruismi ed individualismi esasperati, per capire o probabilmente soltanto per capirmi.
Ho vissuto giorni di incredibile vivacità umana, d’intellettualità e sopravvivenza, in un’esperienza che volge al termine incredibilmente proprio ora che comincia ad avere ragione. Ho visto bambini sorridere per una caramella o per un biscotto, in una di quelle che chiamano case famiglia ed in uno di quei tanti villaggi da venti persone in tutto, che poco rivolgono la voce al mondo, se non per reclamarne l’esistenza tramite l’esigenza impellente di vaccini, medicine e test Hiv. Mi sono accorto della potenza e della fatica della natura soltanto guardando gli occhi di chi veramente la combatte giorno per giorno, oltre ad esserne quasi completamente dipendente. Ho visto uno di quei progetti che vengono portati avanti da quelle persone che dedicano la loro vita in nome di un equità implorata. Ho comprato birra, carne o mango, ho sopravvissuto anche senza acqua calda, riso per un gesto inumano, guardato il pensiero di un uomo tramite l’eco di un lampo nella notte.
Oggi considero me stesso diversamente da quanto mi considerassi quel sabato mattina in cui sono partito. Nascondendomi per tre giorni a guardare, sono approdato ad un lunedì più cosciente. Ho desiderato per tanto tempo tutto questo, ed oggi semplicemente ringrazio di aver vissuto un sogno in un posto chiamato Akonolinga, con un ragazzo di nome Fabio, in un’idea chiamata “Jeremie et les autres”.

Michele Garramone (10/06/2010)